Appunti di viaggio. Istanbul. Dolmabançe.

Mi lascio trascinare dal secondo fiume che attraversa Istanbul: I turisti. Giacchetta, zaino, macchina fotografica hanno il passo sicuro di chi sa dove deve andare e perché. Non voglio essere da meno anche se il mio intercedere ricorda più quello di una naufraga. Sul muro di contenimento che costeggia la strada ricoperto di edera spiccano delle grandi foto di Ataturk in bianco e nero che il tempo ha virato sull’azzurro o sul rosso. Due spazzini di Istanbul Büyük Șehir raccolgono le foglie dei castagni. Ancora corvi.

Il Dolmabançe il lunedì è chiuso. L’ho costeggiato per più di mezz’ora con le sue porte decorate e i suoi muri imponenti. Di tanto in tanto un’apertura presidiata lasciava intravedere voluttuosi giardini affacciati sul mare, è come il vento che scosta il velo di una donna, si intravede un’altro strato di vestito e il fatto che sia nascosto lo rende eccitante.

Le nuvole hanno oscurato il sole e il mare si è fatto plumbeo, il vento e le navi che continuamente lo solcano ne increspano la superficie.

Vorrei chiedere informazioni per raggiungere Müdürlüḡü ma la scritta “Turistik” all’entrata del molo mi inibisce. Continuo a camminare. Un ultimo sguardo alle gomme da camion, sostenute da catene arrugginite, che adornano il pontile. Fender  e polene che si baciano all’arrivo e alla partenza di ogni nuova imbarcazione.

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